25 Aprile 1945 – 25 Aprile 2021
Una sera di settembre l’Agnese tornando a casa dal lavoro col mucchio di panni bagnati sulla carriola, incontrò un soldato nella cavedagna. Era un soldato giovane, piccolo e stracciato. Aveva le scarpe rotte, e si vedevano le dita dei piedi, sporche, color di fango. Guardandolo, l’Agnese si sentì stanca. Si fermò, abbassò le stanghe. La carriola era pesante. Ma il soldato aveva gli occhi chiari e lieti, e le fece il saluto militare. Disse:- la guerra è finita. Io vado a casa. Sono tanti giorni che cammino-. L’Agnese si slegò il fazzoletto sotto il mento, ne rovesciò le punte sulla testa, si sventolò con la mano: – Fa ancora molto caldo -. Aggiunse, come se si ricordasse: – La guerra è finita. Lo so. Si sono tutti ubriacati l’altra sera, quando la radio ha dato la notizia-. Guardò il viso del soldato e sorrise, un sorriso rozzo ed inatteso sulla sua faccia bruciata dall’aria. – Io credo che i guai peggiori siano ancora da passare, – disse improvvisamente, con la rassegnata incredulità dei pover; e il soldato si fregò le mani: era un soldato molto allegro
…
Aveva ragione l’Agnese. “Quello che c’è da fare, si fa”. Lei era abituata a contare poco sugli altri. Da tutta la sua vita, più di cinquant’anni, si arrangiava da sola. Si sentiva un po’ stanca, le pareva che il cuore fosse diventato troppo grande, una macchia nel petto, una cosa estranea e meccanica che andava per suo conto, e lei faticava a portarla in giro. Non pensava mai a quello che avrebbe fatto dopo la guerra. Ne desiderava la fine, per “quei ragazzi”, che non morisse più nessuno, che tornassero a casa.
Renata Viganò, L’Agnese va a morire. Torino: Einaudi, 1949. Pagg. 11, 142
Con profonda gratitudine per le donne e gli uomini che hanno sacrificato la propria vita perché “quei ragazzi tornassero a casa” ed hanno permesso a noi di essere liberi.
Buon 25 Aprile a tutte ed a tutti
Ugo Punzi
